Tra le linee delle mani
Concentriamoci sullo spiraglio d’aria.
Ti sto tenendo le mani.
Dalla fessura degli occhi trapela luce fioca. Abbastanza da accecare lo sguardo di una striscia.
Se respiri polvere gli acari ti rodono i pensieri.
Perché struscio le natiche sull’uomo sconosciuto dell’autobus? Quando scivola lungo il sostegno e mi tocca, la sua mano è fredda.
Perché mi rifugio a questa fermata affollata? Qui c’è molta gente, mi proteggerà.
Non è vero. Nessuno muoverà un dito se ti salteranno addosso. Staranno a guardare.
Concentriamoci sull’odore diverso. Lo senti? C’è un rivolo d’odore diverso. E’ venatura nel marmo del respiro stantio. Il tuo alito. Il mio. In mezzo scorrono due molecole di odore freddo. Entrano dalla finestra. Ti sto tenendo le mani. Lo senti?
Raskòlnikov mi ha detto che sarebbe passato a trovarmi. Per questo mi sono nascosta. Perché non mi trovi.
Perché non mi trovi?
Sto strascicando i talloni sulle interconnessioni tra l’acciaio e il vetro della porta finestra. Serrata. Fa freddo. Fuori fa freddo. Possiamo smettere di respirare perché non si appanni il cristallino dell’occhio strabuzzato all’orizzonte della coscienza.
Possiamo ondeggiare impercettibilmente sul ritmo lentissimo di un refolo prudente che striscia a testa in giù, scarafaggio sul soffitto. Il soffitto sopra le nostre teste. Non lo guardare!
Mi cadrà in testa, Georg! Mi cadrà sulla testa!…
Concentrati sulle mani. Ti sto tenendo le mani.
La fessura degli occhi ammaestra la luce fioca. Tienili in direzione della tenda. La vedrai ondeggiare. E’ il filo d’aria. Ci possiamo concentrare sul filo d’aria.
“Fräulein von Kulp
può anche voltarsi, sulla porta la mano;
io non lo seguirò. E nemmeno Fresca,
né,
quel gabbiano.”
Humbert ha scritto di avermi scoperta. Per questo resto accucciata sotto il damasco che copre il tavolo.
Quando passano le gambe, io le conto. Riconosco gli odori nell’incavo delle ginocchia. Certi passi mi danno la nausea. Ma non mi muovo. Inchiodo le pupille alle viti che fissano le gambe di legno alle ferite circolari del marmo. Se non respiro riesco a dimenticare che sotto il vestito sono nuda. E sotto la pelle l’intreccio di vene viola disorienta il corso della vita verso l’asperità confitta al centro della gabbia. Batte. Viscido, rosso. L’ho messo in prigione. Le sbarre d’osso ricurve. Cartilagini elastiche rimbalzano via le attenzioni, le mani-guardie che vogliono entrare.
Wilhelm è partito. Lui dice che cerca d’imparare. Crescere. Parte in formazione ogni due nuvole. Il bombardamento esige rifugio. I muri ci crolleranno addosso e le bombe non ci troveranno. Insegnate al ciclope la strada verso il sole…
Non distrarti. Confluisci nelle vene ai polsi. Ti sto tenendo le mani. Possiamo concentrarci sulle mani. Ciascuno è avanti di un passo di respiro. Io ho cominciato prima. Ora rallento.
Mi incastono tra i libri simulando un ripiano. Le certezze scadute sulla pagina finale. L’inganno prefattorio che prometteva svolte e si è riavvolto ignorandomi.
Ho fasciato di nero la mia mano arsa. Mi sono rattrappita nella zampa dell’ultima formica, quando vennero per portarlo via. Senza la redenzione di una nuova occasione allo scadere del centesimo anno.
Ho imparato la fame, sono rimasta immobile per ore a sperare che la saggezza mi scorresse sopra come resina e rugiada.
Ho ascoltato i canti proibiti legata al palo erto come un pene insolente tra le onde.
Anna scuote il capo. Lei mi disapprova. Allora rimetto in spalla il carro; Riga è lontana. Così il coraggio.
La falena è caduta al sessantaquattresimo giro. Stecchita puzza di desiderio spento sotto lo sguardo sprezzante della lampada accesa, innocua nell’insulto dell’alba.
L’invidia di Oriana ha smesso di contendere a Dulcinea la castità che mi fu reclusa. Il tarlo ha conquistato le ali e la carta si sfrangia nella polvere sul ripiano.
Sono sette vite e mezzo che non sposto niente. L’impronta di ogni oggetto solcherà la coltre spessa e grigia sul mogano che nacque lucido. Quando passeranno a spolverare cancelleranno tutte le tracce del mio trascorrere immobile.
Avvolgi la lingua sulla vocale più aperta che scovi nel tuo grido. Possiamo concentrarci sul sibilo. Fischiare un’aria leggera. Ti sto tenendo le mani.
L’ago non matura. Suppura in un lentissimo moto circolare. Scava nel forellino dove pensarono d’iniettarti il bene. Ma dalla falla sulla schiena scorsero via a fiotti possenti le parole che avrebbero potuto salvarti. Le negazioni altere e le rivolte semplici.
Ora sto accarezzando con un solo polpastrello il dorso. La tua mano screpolata dall’usura di un ravvolgersi convulso: palmo su dorso, dorso sul palmo. Sfrego l’unghia sulla crosta infinitesimale che ha memorizzato il più recente tra i fori che ti decorano. Ti sto tenendo le mani.
R i t a g l i o b a m b i n i d i c a r t a m a n o n e l l a m a n o.
In principio fu il verbo Pie Iesu Domine, dona eis requiem Josef K.! Tu sei accusato Castigat ridendo mores e l’ultimo se lo stanno mangiando le formiche.
Possiamo concentrarci su un soffio. Far volteggiare b a m b i n i d i c a r t a m a n o n e l l a m a n o.
Su un filo d’aria possiamo far decollare i vortici di molte parole.
Annegare le colpe. Turbinare girotondi di carta in bianco e nero.
Lo senti? Ti sto tenendo le mani.
Adesso alzami.
E la spallata ci colpisce i calcagni. Lo scricchiolio del legno soffoca il lamento frusciante delle carte. Assisto inerme al crollo. Scaffali accartocciati come travi di metallo nel fuoco. L’oblio moltiplica i suoi vermi. Rodono in fretta vorace i rotoli di papiro rovinati in mucchi informi sui dorsi dei libri squarciati.
I ventri aperti scorrono carta, raggrumite in inchiostri mescolati le ferite. Le lingue e i segni, le impronte.
Assisto china. Scoccami lo sguardo di una scintilla. Lo senti? Ti tengo le mani. Pietre focaie. Il fuoco avvampa.
Sono morta ormai da tanto tempo sotto il crollo di questa biblioteca…
E i cristalli del bicchiere rotto dal brindisi saranno coriandoli per ornare il cielo.
Nero.
(RitaMazzocco – Note a parte © 2zerozero5)
BELYNDA ha detto:
Ora capisco Francesca Mazzucato, quando scrisse, riferendosi a te: “…la sua capacità di nitore, di linguaggio che ferma il respiro, allarga, ritma, sorpassa, ritorna indietro, vira e sorprende…”
Buona serata.
aitan ha detto:
precipitato come in un vortice in questa biblioteca, mi fermerò sul fondo a leggere da capo
odyseo ha detto:
Ya veo que has empezado el año con una fuerza enorme… y bellisima.
Baccioni!
Momy ha detto:
la grandezza fatta stile
stepa ha detto:
Centripeto flusso del cuore in mani tenute ap/pena, retina accecata di parole come dopo l’eclisse. Bellissimo, Rita.
Arla ha detto:
Insisto: para cuándo tu libro?
🙂
MIRELLADEPARIS ha detto:
per ora un saluto e l’augurio di buon anno, credo che ci sentiremo molto presto cara Rita per parlare (registrare heheeh tu capisci) di blog e didattica 🙂 Buon 2005.
justinetua ha detto:
io le tengo strette a me, le tue mani. al mio petto, lo senti il calore? io il tuo, sì.
utente anonimo ha detto:
Bellissimo..
Sono passata per caso ma ritornero’ ancora..
Un abbraccio
Silvia
utente anonimo ha detto:
Bellissimo..
Sono passata per caso ma ritornero’ ancora..
Un abbraccio
Silvia
mestesso ha detto:
un abbraccio.
NicDwaRazy ha detto:
che bello Rita…poi oggi sai ti ho letto come amo di piu’ nel silenzio e nella calma…e le tue parole che scivolavano….tra le mani….e il legno…le assi e l’odore…
che sensazioni riesci a trasmettere….olfattive e tanto reali da sembrare vere….
come un sogno …
ecco si ogni volta che ti leggo so già che sarà un’esperienza…oggi mi sento rinchiusa e oppressa da polvere e legno…e sento di volermi muovere e non riesco..e sento che una mano mi stringe e cerca di afferrare la mia…
e sento il buoio e il silenzio scricchiolante…
sto sognando nel tuo volo libero di parole…
un bacio…
utente anonimo ha detto:
,,,ti ho incontrata a berlino, sotto i tigli. siamo saliti sull’autobus alla stessa fermata? n caro saluto, di vetro, d’acciaio e di cuore ___g___
pep. ha detto:
“Se respiri polvere gli acari ti rodono i pensieri.” spettacolare.
usermax ha detto:
Scusate, ma sul blog di Galassia Gutemberg, il post in cui si fa riferimento al blograduno è datato: Gennaio 2004 (!!!).
Siamo sicuri di che cosa si sta parlando??
Vogliamo accertarcene?
Saluti dubbiosi, 🙂
M.
zaritmac ha detto:
PORGO A TUTTI LE MIE SCUSE! Non riesco a farlo né postando né aggiornando il blog (ma che diavolo sta combinando splinder?): la data del raduno blogger è il 26 febbraio e il link corretto è questo .Ho combinato un po’ di pasticci – sarebbe lungo spiegare perché – ma ora proverò ad avvisare tutti gli interessanti personalmente.Posso intanto farmi perdonare con un bacio?
vuotopieno ha detto:
. . … grazie x i chiarimenti zaritmac … è vero che splinder fà un pò le bizze oggi …. ciao
BELYNDA ha detto:
Ti ringrazio Rita per avermi avvisata, purtroppo non credo che potrò essere presente, nonostante la notizia sia stata data con largo anticipo. Posso farmi perdonare anche io con un bacio? aggiungo anche un abbraccio dai ^_^
mestesso ha detto:
grazie rita, non credo ci sarò…
riguardo ai baci sai che sono sempre ben accetti…:)*
justinetua ha detto:
il bacio lo prendo anche senza le scuse, tesoro.
e ti ringrazio dell’invito. in questo momento navigo a vista in quanto ad organizzazione dell’agenda – sai lasci il campo di cotone per la miniera e non sai mai bene all’inizio come aggiustarti – ma cercherò di esserci. un abbraccio.
Momy ha detto:
Parigi val bene una messa
un tuo bacio anche 😉
(anche per me sarà impossibile, e mi ‘spiace molto) bacio a te
cautionlemmy ha detto:
Grazie, smack!
Grazia ha detto:
incanto degli occhi seguire la trama delle parole.
passavo per salutare
AlainB ha detto:
grazie per l’invito….post suggestivo….sei bravissima. Bacio grande. Alain
BELYNDA ha detto:
Spero che tu torni presto a postare. Ho letto da qualche parte che con millenium e IE6, l’edit del blog non funziona, sarà quello?
Ciao
BELYNDA ha detto:
Prova a scaricare ed usare il browser Mozilla, magari riesci a risolvere il problema.
http://www.mozillaitalia.org/
Buona giornata
NicDwaRazy ha detto:
ciao stellina bella….
un bacio di luce…